Descrizione Progetto

cera-una-volta-il-lungolago-6

Prefazione dell’Autore

Non è stato semplice comporre l’opera Ce’ra una volta il lungolago tentando di lavorare sul passato mentre evitavo di essere condizionato dal presente. I motivi che mi hanno spinto a ritornare in libreria con un nuovo lavoro sono tanti. Ho un figlio nato nel 2003 che non ha mai visto il lungolago, la parte più bella della nostra città, lo stesso luogo dove io, da piccolo, scorazzavo avanti e indietro in bicicletta.
Lentamente stiamo perdendo una generazione di piccoli comaschi che potrebbero amare la nostra città, per anni affondata in mezzo a cavilli burocratici e beghe politiche, messa in mano ad avvocati e commercialisti, nel disinteresse generale. Uno scempio a cui solo ora, facendo squadra, si è incominciato a porre rimedio, anche se la strada per avere di nuovo il lungolago è ancora lunga.
Non è tuttavia questo l’argomento che ho voluto trattare nel mio libro. Incuriosito da come si è amaramente svolta questa vicenda, che ha ferito nel profondo la città, ho cercato di capire come è stato realizzato il lungolago nel passato e, non avendo trovato pubblicazioni sul tema, ho deciso di affrontare una ricerca personale, che con il passare del tempo ha dato risultati sorprendenti. Tutto il materiale raccolto l’ho poi abbinato alle immagini del mio archivio.
Ho notato però che i luoghi più fotografati e amati, sia dai comaschi sia dai turisti, non avevano un’adeguata documentazione. Tanto si è scritto e raccontato su Villa Olmo, il Monumento ai Caduti e piazza Cavour e ben poco su altre zone importantissime del lungolago, come Sant’Agostino, i due tratti del lungolago, quello di Ponente e quello di Levante, e sulle ville delle due passeggiate principali, di viale Geno e Villa Olmo.
Poco o nulla invece sugli avvenimenti che si sono svolti sul lungolago. Mi sono anche imbattuto in clamorosi errori riguardanti date, persone e luoghi, dati sistematicamente ripetuti, senza alcuna verifica, tanto da essersi trasformati in informazioni “certe”.
La vicenda attuale del lungolago dimostra che sono ben lontani i tempi di una Como virtuosa, solidale e reattiva, quella che si era messa all’opera dopo l’incendio dell’Esposizione Voltiana del 1899, che in tre mesi venne interamente ricostruita.
In quel periodo c’era più attaccamento per la comunità e per i beni pubblici, che i comaschi sentivano di loro proprietà.
Mi ero anche ripromesso di pubblicare un nuovo libro soltanto se fossi riuscito a reperire immagini inedite e con orgoglio posso dire che in questi ultimi anni di ricerca sono entrato in possesso di rare cartoline e fotografie della città che in precedenza non erano mai state utilizzate.
In questo libro non troveremo solo centinaia di immagini inedite ma, per la prima volta, cartoline che risalgono agli anni Cinquanta e Sessanta. Il tempo passa e ormai i comaschi viventi che possono ricordare la Como degli anni Venti o Trenta sono pochi, perciò i ricordi più vivi e nostalgici risalgono alla meravigliosa Como del dopoguerra e del boom economico.
Como non è una nobile decaduta, orfana della seta, come qualcuno dice; è una città ancora viva e con un immenso potenziale da sfruttare, a cominciare dal lungolago, che certamente non potrà tornare quello di un tempo, ma che può diventare qualcosa
di diverso, di unico, oltre a qualcosa che noi tutti abbiamo la responsabilità di conservare e rispettare, come hanno fatto più di cento anni fa i comaschi che ci hanno preceduto, animati da un vero amore per la loro città.
Enrico Levrini

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